il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

I LUOGHI COMUNI
del cinema italiano
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340888 commenti | 64518 titoli | 25601 Location | 12813 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Con tutto il cuore (2021)
  • Luogo del film: La chiesa dove Ottavio (Salemme) avvicina Mangiacarne (Capano) sbagliando persona e dicendogli di Do
  • Luogo reale: Chiesa dell'Ascensione a Chiaia, Piazzetta Ascensione 15, Napoli, Napoli
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  • Film: Mia moglie, mia figlia, due bebè (2016)
  • Multilocation: Cariparma
  • Luogo reale: Piazza Amedeo, Napoli, Napoli
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Luciano Spinelli

    Luciano Spinelli

  • Philippe Léotard

    Philippe Léotard

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Kinodrop
Un piroscafo destinato al disarmo sta portando a termine la sua ultima crociera quando un incendio scatenerà una serie di infiniti problemi alla struttura, minimizzati in un primo momento dal fiero comandante, ma che si rivelereranno presto catastrofici. Il regista entra subito nel vivo del disastro, senza perdersi in psicologismi e puntando tutto sulla frenetica attività del personale per salvare il salvabile, mentre il capitano (un inappuntabile Sanders) comincia a prendere atto dell'inevitabile. Ottimo ritmo, ansiogeno in vari momenti e credibile nonostante qualche sentimentalismo.
Commento di: Valcanna
Un film che racconta con una delicatezza struggente e una profondità rara il canto morente di una cultura abusata, sfruttata e dimenticata. Il rischio di scivolare nel documentario è sempre presente ma la regia di Guerra riesce a proporre un approfondimento antropologico sublime senza mai perderere la bellezza del racconto. Un film bello, importante, unico. Assolutamente da vedere e custodire nel profondo del cuore.
Commento di: Leodol2002
Indubbiamente uno dei più bei film di sempre. Il chirurgo Can, che da sempre mette al primo posto il lavoro rispetto a qualsiasi altra cosa, si innamora di Zeynep, sua umile domestica scoperta per caso a dormire in casa. La storia d'amore che si sviluppa è davvero coinvolgente. Superbe le interpretazioni dei due protagonisti, così come una regia sempre molto fluida. Finale toccante e nel complesso uno splendido film di durata poco inferiore alle due ore (che volano in un attimo).
Commento di: Achab50
Davvero una strana opera, realizzata sotto forma di un convincente docu-film su di un personaggio di pura fantasia. Procede a ritroso con continui salti temporali. I filmati sono tutti di storia reale così come le interviste ai registi che si prestano al gioco. Livia Bonifazi si esibisce in una performance notevole ed è assolutamente credibile, nel ruolo. Globalmente interessante, può spiazzare la forma ma è anche un buon ripasso sulla storia recente e meno recente del nostro paese.
Commento di: Capannelle
Bello entrare nella produzione scenica empatizzando con una figura, quello dello stuntman, che porta avanti le scene più cruente senza poter ottenere in cambio un briciolo di fama. Quando la figura viene interpretata dal fare guascone di Gosling il gioco è anche più facile. Perde mordente quando il protagonista deve farsi carico di una parte più stile poliziesco, senza la sponda di William Duke anzi diventerebbe noioso perché troppo parlato. Riprende quota nel finale che, per quanto troppo fracassone, permette di farsi qualche grassa risata.
Commento di: Mr.chicago
Zero "action", zero splatter, zero terrore.. ma l'aria malsana che si "respira" nella mente (e non solo) di questo Percoco è stata ben riportata sul piccolo schermo grazie anche a una notevole prova attoriale di Vicari, una ricostruzione storica inappuntabile, una piacevole fotografia e una sapiente regia. Come tutti i serial killer, stragisti, psicopatici eccetera, c'è una sorta di un indescrivibile fascino (orrido) che accompagna la visione di questi film, pensando che questi efferati omicidi siano stati veramente compiuti.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Sette episodi di durata variabile (da meno di mezz'ora a quasi cinquanta minuti) per raccontare la storia - vera - di Richard Gadd, che nel film interpreta se stesso cambiandosi il nome in Donny Dunn. Comico senza grandi speranze, stand-up comedian che ottiene ai suoi spettacoli reazioni perlopiù fredde dal pubblico, Donny incontra un giorno, nel pub dove lavora, Martha Scott (Gunning), una ragazza di dimensioni non indifferenti che sembra immediatamente attratta da lui; forse perché a differenza degli altri non pare evitarla e anzi, si dimostra gentile, disponibile ad ascoltarla.

Tra...Leggi tutto i due nasce un rapporto di amicizia che tuttavia lei cerca di trasformare forzatamente in amore: scovato il suo indirizzo di posta elettronica in un vecchio sito, Martha comincia a inondargli la casella con decine e decine di mail dense di errori ortografici in cui prova a stabilire una relazione di ferro. Non è quello che Donny cerca, benché lei sia la prima persona che da tempo mostra di accorgersi della sua esistenza; anche per questo Donny non riesce a chiudere un rapporto che si fa di giorno in giorno più morboso. E’ su questo rapporto che viene costruita una serie il cui obiettivo primario è quello di scavare nell'intimo di Danny conferendogli la giusta tridimensionalità; vi riesce, anche perché a scrivere il copione (e a sedersi dietro la macchina da presa) è Gadd stesso, che naturalmente conosce fin troppo bene il protagonista.

A risaltare è innanzitutto l'estrema fragilità di Donny, la sua perenne incapacità di prendere una decisione: si lascia trasportare dagli eventi dando l'impressione di essere privo di una vera spina dorsale. Vive con la madre della sua ex ragazza che lo ospita gentilmente, prosegue l’attività di cabarettista con scarsi risultati. Anche perché è totalmente assorbito dall'ossessionante presenza di Martha, che non smette di scrivergli nemmeno per un giorno. Ci vogliono sei mesi perché Donny si decida a denunciarla alla polizia come stalker, ma senza minacce chiare non è facile procedere.

La situazione si ripete piuttosto monotematicamente, pur se i caratteri dei due protagonisti (molto più interessante quello di lei, è inevitabile) vengono restituiti non solo con verismo ma anche con buona ricercatezza nei dialoghi. Si sarebbe potuto ad ogni modo sforbiciare con facilità la vicenda senza privarla di efficacia, tanto che l'improvvisa sterzata imposta nella quarta puntata appare salvifica: tornando indietro di cinque anni nel passato, si raccontano i primi passi da comico di Donny a Edimburgo (è lì per un singolare festival dedicato agli esordienti nel campo), la sua vita dissennata e l'incontro con un importante autore televisivo che pare instradarlo verso il successo. La droga, il sesso e l’immersione in un mondo totalmente diverso ci allontanano dal rigido schema della relazione a due, che aveva comunque già iniziato a inserire qualche variazione con l'entrata in scena di Teri (Mau), una terapista transessuale grazie alla quale Donny sembra ritrovare finalmente equilibrio e amore autentico. Alla vita di sempre si ritorna dalla quinta puntata in avanti, relegando la quarta (che è anche la più lunga) a eccentrico intervallo utile a spezzare la monotonia e capire meglio i motivi di molte scelte del protagonista (compresa quella di convivere con la madre della sua ex).

Non c'è nulla di effettivamente rivoluzionario nella serie (la figura dello stalker è peraltro una delle più inflazionate, nel cinema di oggi), eppure si ravvisano nell'operazione freschezza, modernità, il desiderio autentico di mettere a nudo una vicenda drammatica attraverso l’esperienza personale. Richard Gadd “è” il baby reindeer del titolo, la “piccola renna” (il più frequente dei vezzeggiativi usati da Martha), ossessionato fin del profondo nell’animo da una situazione da cui non sa come fuggire. E se ancora la regia mostra di essere acerba, se qualche passaggio fin troppo ripetitivo esiste, le idee per ritagliarsi uno spazio non indifferente nel mare magnum delle serie di oggi ci sono indubbiamente; e Gadd sa come metterla in scena donandogli il fondamentale realismo che la caratterizza.

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Dietro a un titolo banale e anonimo, ennesima variante di un classico citato ormai infinite volte, si nasconde un film invece con più di una qualità, che pur rifacendosi anche nell'idea di base al capolavoro monicelliano...Leggi tutto sa offrirne una versione moderna che ne eredita in giuste dosi amarezza e divertimento. Siamo anche qui a Roma ma la zona interessata, nominata spessissimo nel film, è il Labaro, quartiere a nord della Capitale dove abitano due ladruncoli da quattro soldi, Ruggero (Giallini) e Cosimo (Mastandrea). Il primo è un elettricista sposato con Marisa (Natoli) e ha un figlio, il secondo ha l'hobby dell'aeromodellismo.

Quando Cosimo, durante un lavoro, conosce un ricco collezionista d'arte (Ferrari) che rimpiange il magnifico Van Gogh perso al gioco da suo nonno e viene a sapere che proprio quel quadro è custodito in un museo lì nei pressi e potrebbe rivenderlo al ricco signore per oltre un milione di euro, fa due più due. Anzi, di più, perché Marisa lavora proprio come custode in quello stesso museo! Insomma, avrebbe già un compratore e a portata di mano la disponibilità di chi conosce molto bene l'impianto di sicurezza. Chiama Ruggero e lo convince a dare una svolta alle proprie vite, coinvolgendo nell’operazione pure la moglie inizialmente riluttante. Sarà sufficiente procurarsi una copia del quadro e sostituirla nottetempo eludendo gi allarmi e le telecamere provocando un blackout.

In campo avverso milita Piero (Favino), poliziotto dotato di buon acume, un matrimonio fallito alle spalle e che già ha messo gli occhi su Ruggero e Cosimo in seguito a una rapina condotta dai due ai danni di un autobus di coreani. Due mondi contrapposti nella sfida sempiterna tra guardie e ladri, tra le più battute dal nostro cinema. La storia però a sorpresa gira bene e tutti e quattro i protagonisti confermano bel talento interpretativo, riuscendo in qualche modo a sopperire alle carenze della regia un po' zoppicante di Antonello Grimaldi e alla povertà della confezione, dovuta alla destinazione televisiva del film. Peccato, perché la sceneggiatura di Walter Lupo (a cui si deve anche il soggetto) e Luca Rossi aveva ottime potenzialità. Soprattutto per come viene risolta la seconda parte, in cui si perde parzialmente lo spirito ironico che pervadeva fin lì il film ma si acquisisce spessore drammaturgico (guadagna spazio Favino, nella prima parte poco presente) azzeccando qualche convincente colpo di scena e un bel finale in cui ancora una volta si sfrutta la bravura del cast per raggiungere un buon risultato.

Giallini dei tre mattatori sembra il meno incisivo (all'epoca era ancora poco noto al grande pubblico), ma il personaggio nelle sue corde comunque l'aiuta. Qualche forzatura nel tentativo di dare un taglio romantico al personaggio di Cosimo (che ad ogni complimento si schermisce rispondendo solo "sono un elettricista"), un certo accenno di sciatteria dovuta alla limitata coralità di una storia che di solito prevederebbe ben più figure implicate nel progettato furto, ma il tutto gira e, considerato che si tratta di una produzione televisiva (Mediaset), ci si può dire soddisfatti.

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Mescolando i titoli del suo libro più celebre (“Il Brodo Primordiale”) e del film che all’epoca stava uscendo (SEPARATI IN CASA), il napoletano Riccardo Pazzaglia, noto per la sua partecipazione in qualità di “filosofo” a “Quelli della notte” di Arbore ma autore di molto più di quanto...Leggi tutto non si pensi (esordì come regista cinematografico addirittura nel 1961 in uno dei primissimi film con Franco e Ciccio, L’ONORATA SOCIETA’), se ne va a Parigi e comincia da lì. Da un ristorante, per la precisione, dove non gli servono il richiesto brodo ma un “potage”, sabotandogli di fatto la presentazione del titolo.

L’episodio di “Che fai... ridi?” coglie molto dello spirito improvvisativo di Pazzaglia, della sua contagiosa simpatia (comune a tanti napoletani) che lo porta a completare uno dei tanti episodi della serie che viaggiano a metà tra la metatelevisione e il documentario. Si comincia dal “backstage”, se così vogliamo chiamarlo, del film SEPARATI IN CASA, che funge da esile filo conduttore per le scorribande parigine di Pazzaglia.

Il primo incontro è con un libraio all’ombra di Notre-Dame, al quale chiede lumi sulla diffusione dei romanzi italiani in Francia e in particolare del suo, “Il Brodo Primordiale”, propagandandolo come titolo notissimo e imperdibile. Quattro simpatici scambi in francese tradotti alla buona dal nostro secondo una tecnica che sarà costretto a usare in più occasioni. Non però con l’uomo di origini italiane al quale lungo la strada porrà un curioso interrogativo: dove si trovano a Parigi, dal momento che siamo in autunno, le foglie più morte? Come riconoscerle da quelle “meno morte”? Solo un esempio di ciò che Pazzaglia farà nella capitale francese, dirigendo qualche scena del suo film senza chiedere alcun permesso per girare e producendosi magari in un duetto improvvisato con un’attrice di strada, che “disturberà” amichevolmente divertendo gli astanti.

Il ritorno a Roma coinciderà con una ripresa dei temi legati al suo film e con una lunga parentesi nella casa dove si trovano i letti “separati”. Discuterà col direttore della fotografia, Nino Celeste, e con altri componenti della troupe prima di prodursi, nel finale, in un duetto canoro con Simona Marchini (che nel film interpreta la moglie di Pazzaglia stesso). Su un piccolo palco i due intoneranno “Voglio andare a fare il guru” giocando in modo piuttosto elementare con la religiosità indiana e l’unico scopo di riproporre quelle canzoni a “doppio senso” che nell’Italia di molti anni prima spopolavano.

Al di là di qualche siparietto brillante, tuttavia, l’insieme è slegato e dà decisamente l’idea di un episodio costruito senza una vera traccia, che lascia unicamente alla simpatia del suo protagonista l’onere di sostenere scene altrimenti faticosamente digeribili. Anche così, comunque, non si può non notare come ogni sequenza venga diluita a dismisura rendendo inefficaci le tracce di umorismo che la compone. L’impressione è che Pazzaglia prosegua senza sosta a briglia sciolta, col risultato di dare forma a qualcosa di non esattamente apprezzabile, per chi non sia strettamente un fan del protagonista…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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